Curiosità sul nome Grano Saraceno

Fonte: Gianluigi Garbellini 

Senza particolare fantasia i dialetti valtellinesi chiamarono fin dalla sua comparsa furmentun ( o formentone in una sorta di italianizzazione), questo grano particolare, anche se la pianta si differenzia molto da quella del frumento e dei comuni cereali, poiché essa in effetti appartiene a diversa famiglia, che è quella delle poligonacee.

Questo termine, che si trova la prima volta nella valle dell’Adda in rari documenti della seconda metà del XVI secolo, è lo stesso tuttora in uso. Si potrebbe ipotizzare l’origine della voce furmentun come un accrescitivo del comune furment (frumento) quasi a sottolinearne il rigoglio e la copiosità dopo breve permanenza nella terra, ben diversamente dal cereale che richiede un periodo molto lungo per la crescita e la maturazione dei chicchi.

Sicuramente più eloquente per capire le origini di questa pianta, dal complicato nome botanico di “Polygonum Fagopyrum Sagittatum”, la denominazione corrente nella lingua italiana di grano saraceno, preferita al nome fraina, il cui uso è limitato a poche regioni. Pare ormai certo che quest’arbusto provenga dalle regioni siberiane meridionali e che abbia raggiunto nel tardo Medioevo l’Europa.

Significativi in proposito i termini della lingua tedesca che lasciano intuire ancor meglio del vocabolo italiano le origini di questo grano sui generis. Nel 1616 lo storico dei Grigioni Guler Von Weineck, nella sua opera sulla Rezia afferma che in Valtellina si coltiva l’heyden, nome tedesco antico del grano saraceno, al pari di Heidekorn o Heidenkorn, da cui il nome della farina Heidenmehl.

Alla fine del XVIII secolo, un altro svizzero H. L. Lehmann nel suo diario di viaggio nella valle dell’Adda racconta di campi di fraina – Buchweizenfeldern -, prodotto che – soggiunge – in zona chiamano Heidekorn, cioè grano saraceno.

È interessante notare come nei termini Heiden e Heidekorn si incontrino due diverse aree semantiche tra loro però unite nel richiamo all’origine esotica, rispetto all’Europa centrale, del grano saraceno.

Infatti il riferimento riguarda da un lato l’ambiente naturale di provenienza, che è la tipica brughiera stepposa dell’Europa nord-orientale, in tedesco Heide, per cui Heidekorn sarebbe il grano della brughiera o della steppa, come Heidekraut è l’erica e Heiderose la rosa canina, dall’altro le regioni da dove si è diffuso, geograficamente ad oriente rispetto al centro d’Europa, abitate da popolazioni non cristiane. Heiden è nella lingua tedesca il pagano, da cui l’Heidenkorn, il grano dei pagani, in perfetta sintonia con il corrispondente italiano “grano dei Saraceni”, i “non cristiani” per eccellenza dei tempi medievali. In realtà i luoghi di provenienza del grano saraceno erano abitati da popoli di religione musulmana. Era naturale che quel grano esotico, giunto da oriente dove era diffusamente coltivato, diventasse Heidenkorn, il grano dei pagani, quindi dei Saraceni.

Non meno intrigante l’origine del termine Buchweizen – grano del faggio – quello oggi più diffuso nell’area linguistica tedesca. Anche in questo caso due distinte motivazioni si incrociano nella genesi del vocabolo. Fagopyrum – mangia fuoco – viene chiamato in botanica il grano saraceno per il suo fusto rosso fuoco. Nel tedesco, quasi per equivoco, il greco fago – voce assonante con il latino fagus – faggio – diventa Buche, il faggio, donde Buchweizen, “grano del faggio”. Occorre però rilevare che nella capsula, frutto del faggio, i semi maturi, a piccole facce poligonali, hanno una somiglianza notevole con i chicchi del grano saraceno e che, in tempi di carestia, essendo commestibili, venivano dai popoli al di là delle Alpi raccolti e macinati per ottenerne una farina scura, assai simile a quella della fraina.

Grano Saraceno