Originario delle montagne della Cina meridionale (Yunnan), dove sono state reperite forme spontanee di Fagopyrum esculentum, risulta coltivato nell’Asia orientale (Cina, Corea, Giappone) almeno dal 2°- 1° secolo a.C. Si è diffuso dapprima nei Paesi del versante sud dell’Himalaya (Nepal, India Pakistan), poi percorrendo le vie dei Mongoli dalla Siberia alla Russia è giunto, attorno al 1400, in Europa Centrale (Germania); in Italia, le prime testimonianze sono degli inizi del 1500, epoca nella quale il grano saraceno era già conosciuto nel Veneto, chiamato “frumentone”.
La presenza in Valtellina è attestata in una descrizione del 1616 nell’opera Raetia di Giovanni Guler Von Weinech, governatore grigionese della Valle dell’Adda che, elencando i prodotti del Terziere di Mezzo, menziona anche il grano saraceno.
Nei secoli successivi, fino ai primi decenni del 1900, la coltura ha continuato ad essere elemento portante per l’alimentazione della comunità valtellinese, ma in seguito è andata sempre più restringendosi per l’aumentata disponibilità di cereali considerati di maggior pregio (frumento e mais). Dal Dopoguerra si assiste a profonde trasformazioni del paesaggio agrario valtellinese: ad eccezione della fascia dei terrazzamenti destinati alla viticoltura per la produzione di vini pregiati e ad alcune zone reputate adatte a nuovi impianti di frutticoltura, la cerealicoltura di montagna viene praticamente abbandonata, riducendo la produzione locale a qualche piccolo appezzamento, giusto per non perdere la semenza come vanno dicendo alcuni anziani.